Il 20 ottobre 1944 è una data che Milano non potrà mai dimenticare. Quel giorno, la scuola elementare Francesco Crispi nel quartiere di Gorla divenne teatro di una delle più terribili tragedie della Seconda Guerra Mondiale nella nostra città. 184 bambini e 19 adulti, tra insegnanti e personale scolastico, persero la vita in un bombardamento che non avrebbe mai dovuto colpire quel luogo.
Una Sopravvissuta tra Noi
In questa storia di immane tragedia, voglio condividere un racconto personale che mi tocca profondamente. Mia madre, Covella Marisa, oggi novantunenne, è una delle sopravvissute di quella terribile giornata. La sua salvezza fu dovuta a una semplice questione di orari: quel giorno aveva il turno scolastico del pomeriggio, che iniziava alle 12:30. Gli americani bombardarono la scuola al mattino, e questo dettaglio apparentemente insignificante le ha permesso di essere ancora qui con noi.
Oggi, nonostante l’Alzheimer stia gradualmente offuscando molti dei suoi ricordi, quella giornata rimane cristallizzata nella sua memoria. È sorprendente e toccante come, tra i tanti ricordi che la malattia si porta via, le immagini di quel giorno resistano intatte. Quando ne parla, rievoca con vivida emozione le terribili scene che ha visto lungo Viale Monza, e la consapevolezza della sua fortuna non l’ha mai abbandonata. Questi racconti sono diventati parte integrante della nostra storia familiare, un testamento di come il destino possa cambiare per un semplice orario scolastico.
La Tragica Dinamica
Quel giorno, intorno alle 11:30, le sirene d’allarme risuonarono nel quartiere. I bambini, seguendo le procedure di sicurezza, si stavano dirigendo verso il rifugio antiaereo della scuola quando l’impensabile accadde. Ma la tragedia di quel giorno ha radici in una serie di decisioni controverse.
Gli aerei del 451° Bomb Group dell’USAAF stavano rientrando alla loro base in Puglia, a San Giovanni Rotondo. La loro missione originale – colpire le fabbriche Breda, Alfa Romeo e altre industrie a nord di Milano – era stata annullata a causa della scarsa visibilità dovuta alla copertura nuvolosa.
Una Decisione Fatale
Secondo le procedure standard dell’aviazione, gli aerei non dovevano atterrare con il carico di bombe per ragioni di sicurezza. La prassi normale prevedeva che, in caso di missione abortita, le bombe venissero sganciate nel mare Adriatico. Tuttavia, il comandante James H. Lacey prese la fatale decisione di sganciare comunque le bombe su Milano, nonostante la scarsa visibilità degli obiettivi militari.
Lo sgancio venne effettuato utilizzando il radar, ma un errore di calcolo – secondo alcune fonti di ben 6 chilometri – fece sì che le bombe cadessero sul quartiere residenziale di Gorla invece che sulle zone industriali previste. Questo tragico errore, unito alla decisione di non attendere condizioni migliori o di non sganciare in mare, trasformò una missione militare in una delle più gravi stragi di civili nella Milano della Seconda Guerra Mondiale.
Il Ricordo e il Monumento
Oggi, nel luogo della tragedia, sorge l’ossario-monumento chiamato “Angelo di Gorla”, dove riposano le vittime di quel terribile giorno. Una targa ricorda i nomi di tutti i bambini e gli adulti che persero la vita. Ogni anno, la città si raccoglie per commemorare questa tragedia, un monito perenne sugli orrori della guerra e sulle sue vittime più innocenti.
La strage di Gorla resta una ferita aperta nella memoria collettiva di Milano, un promemoria di come la guerra non risparmi nessuno, nemmeno i più innocenti. Le storie dei sopravvissuti, come quella di mia madre, ci ricordano quanto sottile sia il filo che separa la vita dalla morte, e quanto sia importante preservare la memoria di questi eventi affinché non si ripetano mai più.