Il fenomeno noto come “revenge bedtime procrastination” descrive la tendenza a rimandare l’ora di andare a letto per sottrarre ore di sonno e riconquistare un senso di controllo su una giornata percepita come impegnativa. Dal punto di vista scientifico, rientra nella procrastinazione serale (bedtime procrastination), caratterizzata dal ritardo nel coricarsi in assenza di vincoli esterni. La teoria della risorsa dell’autocontrollo suggerisce che le energie cognitive si esauriscano durante la giornata, riducendo la capacità di interrompere le attività piacevoli come consultare i social o guardare video proprio nel momento di coricarsi. Inoltre, la prospettiva temporale edonica rafforza questa inclinazione: la ricerca di gratificazioni immediate prevale sulle conseguenze a lungo termine legate alla carenza di riposo.

Dal punto di vista clinico, studi hanno rilevato una correlazione tra livelli elevati di ansia e depressione e un aumento della procrastinazione del sonno. L’ansia alimenta l’irrequietezza serale e, inducendo ritardi nel coricarsi, peggiora la qualità e la durata del riposo, compromettendo l’umore e la funzionalità cognitiva.

Socialmente, il fenomeno nasce dai ritmi lavorativi intensi e dalla pervasività degli schermi: la pressione professionale limita il tempo libero, spingendo le persone a recuperarlo di notte. Le piattaforme digitali, progettate per il binge-watching e lo scrolling continuo, amplificano questa dinamica.
Per contrastare il fenomeno, si raccomanda di adottare una routine serale fissa con attività rilassanti, pause durante il giorno e il blocco dei dispositivi elettronici un’ora prima di coricarsi. Questi accorgimenti interrompono il circolo vizioso della procrastinazione notturna, favoriscono un riposo rigenerante e migliorano concentrazione, energia e benessere.